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Yoga e arrampicata: in connessione profonda

Camilla ci spiega perchè nell'arrampicata lo Yoga è strumento per aumentare la consapevolezza, per gestire lo stress e per aiutare il corpo

Alice Dell'Omo Scritto il
da Alice Dell'Omo

Negli ultimi anni è sempre più frequente vedere accostate le parole “yoga” e “arrampicata“. Ma cos’hanno in comune queste due discipline apparentemente tanto diverse? Ce lo racconta nei dettagli Camilla Cerretti, bravissima climber e maestra di yoga preparata, in questa lunga, appassionata, articolata e bellissima intervista.

Intervista

Ciao Camilla, ti va di presentarti?

“Sono nata nel 1984 a Genova, dove ho vissuto per diciotto anni. Fin da subito è emersa la mia indipendenza, che mi ha portata a viaggiare, vivendo esperienze a contatto con la natura e a praticare sport individuali, tra cui la ginnastica artistica. Contemporaneamente ho sviluppato una forte creatività, che mi ha spinta a studiare scenografia a Milano, dove ho vissuto per i successivi dodici anni, terminando gli studi e lavorando poi in teatro e nei grandi eventi. Sembra incredibile a pensarci, ma è stato proprio il lavoro che mi ha portata a praticare sia lo yoga che l’arrampicata. Nel 2008, lavorando per un festival in Portogallo, mi hanno chiesto di salire su una struttura alta 14 metri, per sistemare alcuni fari: senza pensarci mi sono imbragata e sono arrivata in cima. Ho provato una sensazione di puro benessere, qualcosa di molto intenso. Lì ho deciso: una volta tornata a Milano avrei trovato la palestra più vicina e mi sarei iscritta per iniziare a scalare. Così, sono entrata a Passaggio Obbligato, una storica sala boulder (purtroppo ormai chiusa), che sarebbe diventata la mia casa per i successivi sei anni.

Iniziando il mio percorso con l’arrampicata, dopo circa otto anni in cui ho smesso di praticare attività sportiva, ho ripreso consapevolezza del mio corpo, del movimento, del lavoro muscolare e di quello mentale. La ricerca dello yoga è scattata in modo naturale, come immediata conseguenza a quello che stavo facendo con l’arrampicata. Mi sono iscritta timidamente ad un corso di yoga, trovando un insegnante che mi ha lasciato un segno importante per quello che è stato tutto il mio percorso. Era il 2009, avevo fatto forse due lezioni quando ho scoperto che un service, per cui montavo le luci ai concerti, avrebbe gestito la parte audio dello Yoga Festival, al Superstudio di Milano. Li ho pregati di poter lavorare come microfonista (lavoro che sapevo solo minimamente fare): per me è stato come vivere in un sogno. Anche solo respirare quell’atmosfera, è stata fonte di grande ispirazione. Non conoscevo gli insegnanti ma ad un certo punto ho avuto bisogno di mettermi a praticare: ho dato il microfono all’insegnante e poi mi sono messa sul tappetino, innamorandomi a prima vista del Vinyasa Yoga proposto da Stewart Gilchrist…

Così mi sono tuffata in questo lago, dove affluiscono i due grandi fiumi di Yoga e Arrampicata. Ho iniziato a nuotare e ad immergermi sempre più in profondità, scoprendo ogni volta che il limite si sposta e che dipende sempre dalla mia attitudine nei suoi confronti.

Nel 2014, finito il mio primo ritiro di meditazione Vipassana, sono andata a lavorare per Versante Sud al Melloblocco, in Val Masino. Dopo una settimana mi sono trasferita a vivere lì, in una baita in Val di Mello.

Ho iniziato a scalare quasi tutti i giorni, praticando yoga e meditazione. Ho lavorato molto sull’aspetto mentale, continuando a meditare e partecipando in tutto a quattordici ritiri da dieci giorni. Ho scoperto come lo yoga mi aiutasse ad attivarmi prima dell’arrampicata e a rilassarmi quando mi sentivo stressata o stanca. Nel frattempo ci siamo trasferiti appena sopra Morbegno, dove abbiamo avviato un piccolo b&b in casa nostra. Ho scritto la guida di arrampicata Valtellina Rock, di Versante Sud e lavoro, ogni tanto, ancora con gli eventi.

L’estate scorsa sono riuscita a salire un tiro di 8b al Sasso Remenno.

Poco dopo, in autunno, ho iniziato un incredibile percorso di formazione per insegnanti yoga, che terminerà il 5 giugno 2022.

Questi, che qualche anno prima avrei visto come obiettivi da raggiungere, diventano oggi i miei punti di partenza su cui iniziare a costruire il futuro”.

Perchè si sta diffondendo sempre più l’associazione tra yoga e arrampicata? Qual è la connessione tra queste due discipline? E dal punto di vista fisico, mentale, spirituale quali sono i pro di praticare yoga se si scala?

“Partendo da un approccio psicofisico, si può dire che l’arrampicata richiede forza, flessibilità, equilibrio, coordinazione, determinazione. Con la pratica dello yoga, ad un livello superficiale, si lavora sull’allungamento muscolare e sulla mobilità articolare, quindi sulla flessibilità di tutto il corpo. Molte asana (posizioni che si assumono durante la pratica) per essere eseguite richiedono inoltre equilibrio, forza, costanza e determinazione, oltre alla coordinazione del corpo durante il movimento. Anche solo per questi motivi, chi arrampica può trovare dunque un grande beneficio praticando yoga.

Tuttavia, progredendo nel percorso dell’arrampicata, prima o poi, ci si accorge che emergono altri fattori a determinare la propria performance. A prescindere dal livello e dagli obiettivi, il climber, per il solo fatto di compiere un’attività che lo porta a contatto con i suoi limiti, si trova davanti ad una porta. Sopra c’è scritto consapevolezza. C’è chi decide di aprirla e di guardare cosa c’è dentro, o chi non la apre per niente. Ma ogni volta che ci si spinge oltre il limite, quella porta si apre e, in qualche modo, si deve affrontare quello che c’è dall’altra parte. In realtà, la porta si chiama consapevolezza, ma quello che c’è dentro è la nostra essenza più profonda. Da lì arrivano tutte le reazioni che influiscono sul nostro stato mentale, sui nostri pensieri. Come reagiamo di fronte al fallimento? In che modo le nostre aspettative ed i nostri pensieri interagiscono con la nostra performance? Come affrontiamo le paure che emergono quando usciamo dalla comfort zone? Questi sono alcuni spunti di riflessione, connessi al processo che affrontiamo ogni volta che spingiamo corpo e mente oltre quel limite. Chi decide di chiudere a chiave la porta, lavora sull’allenamento fisico, pensando di poter compensare con la forza eventuali ostacoli mentali.

Può anche essere che si riesca comunque ad acquisire la sicurezza necessaria per “zittire la mente”, ma sulla base della mia esperienza è sempre meglio lavorare alla radice del problema. In questo caso lo yoga è una medicina, capace di estirpare alla radice le cause di una sofferenza che arriva da dentro, la cui radice è molto più profonda di quello che emerge in superficie.

Attraverso la pratica costante dello yoga, con dedizione e pazienza, lavoriamo sull’accettazione del fallimento, sull’abbandono dell’aspettativa, sull’equanimità nei confronti di sensazioni, emozioni e pensieri, sulla consapevolezza e la presenza nel qui ed ora (che determina tutti gli aspetti precedenti).

Lo stupore che si prova osservando l’ambiente quando si scala in contesti particolarmente piacevoli, l’energia che penetra ogni cellula del nostro corpo quando ci sentiamo in armonia con la Natura fino a sentirci un tutt’uno con essa, sono quella parte magica che accresce la nostra spiritualità e ci lega in modo indissolubile ad essa, qualunque sia il nome che le attribuiamo.

Sarà capitato a molti climber, almeno per un momento, di essere completamente concentrati su ciò che si sta facendo: si percepiscono le sensazioni fisiche, si è consapevoli del movimento, consapevoli del respiro. In quel momento i pensieri sono assenti, il corpo fluisce e siamo completamente presenti. Ripensandoci, magari ci chiediamo in che modo possiamo far accadere ancora questo miracolo. Questa è meditazione, questo è yoga: non solo l’obiettivo finale, ma tutto il processo che ci sta dietro. Un lavoro costante su noi stessi e su ogni aspetto della nostra vita“.

Lo yoga si può praticare outdoor? Cosa serve?

“Esistono infinite possibilità per praticare yoga all’aperto e, in base al luogo, possiamo adattare la nostra pratica in modo da approfittare del contatto con la natura. Ad esempio, se ci troviamo su un prato possiamo praticare anche senza tappetino: avremo la sensazione dell’erba a contatto con la pelle, ne sentiremo l’odore ed avremo sensazioni più intense durante il radicamento a terra. Se siamo su un sasso o su una superficie rocciosa, possiamo adattare la nostra pratica alla sua conformazione, andando a percepire l’energia che emana la roccia, anche sotto forma di calore se è esposta al sole. Se la situazione non offre spazio sufficiente, possiamo approfittarne per praticare pranayama (esercizi di respirazione), stando comodamente seduti a gambe incrociate, magari usando una corda come cuscino. Abbiamo dunque infinite possibilità di praticare yoga all’aperto, oltre a quella più classica che prevede l’uso del tappetino…”.

Yoga e stretching: praticamente cosa cambia?

“Dal punto di vista fisico, alcune pratiche yoga possono sembrare simili allo stretching. Nonostante in alcune asana si abbia l’impressione di lavorare solo sull’allungamento muscolare, nello yoga è fondamentale l’attitudine con cui si mantiene una posizione, ricercando l’assenza di sforzo, l’ascolto interiore. Si lavora con la consapevolezza del respiro che aiuta a muovere l’energia per sciogliere eventuali blocchi e rigidità. Attraverso una pratica attenta saremo in grado di lavorare sul livello energetico, sottile, del corpo oltre che sull’aspetto puramente fisico. In questo modo lo yoga va molto oltre quello che può essere un esercizio di stretching”.

Lo yoga aiuta a controllare la paura?

“Imparando a controllare il respiro, attraverso tecniche di pranayama, riusciamo a gestire la reazione che ha il corpo di fronte alla paura, allo stress, all’ansia da prestazione. Dal punto di vista fisiologico, quando il corpo si trova in determinate condizioni, attiva il sistema simpatico, che ci aiuta a scappare da situazioni potenzialmente pericolose. Per prima cosa è utile essere consapevoli che questo meccanismo avviene in modo automatico ogni volta che scatta l’allarme. Per riconoscerne l’attivazione, possiamo osservarne gli effetti nel corpo: aumento del battito cardiaco, respiro affannoso, mani sudate, adrenalina, quindi anche rigidità muscolare. Si capisce che tutto questo non aiuta per niente nella progressione verticale, anzi ci paralizza, ci fa prendere la prima via d’uscita da questa situazione (prendere un rinvio al volo, farci “bloccare” o urlare come se fossimo in punto di morte). Provare a convincerci pensando che la situazione è sotto controllo, arrivati a questo punto, non serve a molto. Qui entra in gioco la nostra chiave, ovvero la respirazione, così come ci insegna anche lo yoga. Attraverso il respiro profondo e lento, stimoliamo il nervo vago che attiva il sistema parasimpatico, riportando così il corpo in uno stato di quiete”.

Consigli di fare yoga prima e dopo la sessione di climbing?

“L’ideale sarebbe proprio quello di praticare in modo attivo e dinamico prima di scalare, magari abbinando un pranayama attivante, per preparare il corpo e la mente all’attività della giornata, che sia in palestra o su roccia. Terminata l’arrampicata, magari prima dell’aperitivo, andrebbe fatta una pratica rilassante, lasciando andare eventuali tensioni”.

Come ci si può avvicinare a questa disciplina?

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“Per chi vuole iniziare consiglio sicuramente di cercare insegnanti che offrono lezioni in presenza, perché online ci si può fare un’idea ma non è facile capire veramente come adattare la pratica alle proprie esigenze fisiche (e si rischia di farsi male). Consiglio anche di provare diversi insegnanti e diverse tipologie di yoga per trovare quello che è più adatto alle proprie predisposizioni.

Sicuramente si possono anche leggere diversi libri che aiutano a comprendere ed approfondire tutte le dinamiche legate al mondo dello yoga. In questo contesto consiglio spassionatamente il libro di Alberto Milani e Cristine Spiezia: Yogarrampicata. La connessione tra la disciplina dello Yoga e un’arrampicata consapevole, di Versante Sud”.

Ci racconti l’evento che stai organizzando a Finale?

“Le due giornate che stiamo organizzando io e Alice Arata a Finale Ligure sono pensate per proporre la pratica dello yoga come uno strumento per aumentare la consapevolezza nell’arrampicata, imparando così a gestire eventuali momenti di stress oltre che ad aiutare il corpo ad esprimersi nelle sue massime potenzialità.

Abbiamo scelto di iniziare con un evento tutto al femminile per mettere in evidenza le dinamiche che generalmente avvengono quando ci troviamo ad affrontare i nostri limiti.

Abbiamo notato che spesso ci sentiamo più deboli confrontandoci con i maschi, non riusciamo a scalare come loro e non ci sentiamo comprese. In un gruppo di donne ci si può supportare maggiormente, entrando in sintonia e condividendo l’energia femminile che ci caratterizza. Per quanto riguarda lo yoga, la pratica sarà comunque legata all’equilibrio tra energia maschile e femminile, che ognuno di noi possiede indipendentemente dal fatto che sia maschio o femmina. Semplicemente ci sarà più facilità nel lasciarsi andare e nella condivisione di un’esperienza che contiamo di ripetere in futuro.

Sicuramente proporremo qualcosa anche per gruppi misti, senza distinzione di genere, ma essendo donne, abbiamo voluto iniziare con un’atmosfera più intima e delicata”.

L’evento di cui parla Camilla si svolgerà a Finale Ligure l’11 e il 12 giugno p.v. ed è organizzato da Camilla Cerretti, Alice Arata e dell’Associazione Guide Alpine Finale.

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