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Come organizzare lo skialp primaverile

Pronti per le ultime curve della stagione?

Scritto il
da Luca Tessore

Questo inverno secco è giunto alla fine, la neve è mancata un pò ovunque, ma possiamo ancora sfruttare questo periodo per qualche bella gita primaverile. I pionieri di questo sport, attrezzati con poco più che due assi lavorati ad arte per scivolare sulla neve, non potevano permettersi di trarre piacere nella neve polverosa del cuore dell’inverno come siamo abituati noi oggi. Attendevano così che il manto compisse la sua danza di fusione e rigelo per avere una neve più portante e adatta all’attrezzatura del tempo. Oggi al contrario sono molti gli skialper che al primo accenno di primavera appendono gli sci in cantina, complici le levatacce, avvicinamenti spesso frustanti e un approccio più alpinistico. In questo articolo parleremo di come organizzare al meglio un’uscita sulla neve primaverile.

ORARIO

“Il mattino ha l’oro in bocca”, questa frase è vera più che mai per lo scialpinismo primaverile. La sveglia va programmata in relazione alla località scelta, questo vale anche in inverno ma in primavera non è soltanto questione di sicurezza, ma anche di piacere. Calcolando il trasferimento più il tempo stimato per la salita e una mezz’ora di imprevisti vari (foto, pausa caffè, etc.) sottrarre il tutto alle ore 11:00-11:30, ora consigliata in cui iniziare la discesa, ed ecco la formula magica per godersi la giornata. Tipicamente da metà marzo in poi il sole riesce a “lavorare” con maggior intensità il manto nevoso, se si scia nelle ore centrali si rischia di muoversi in una sorta di poltiglia di neve, se si esagera nel pomeriggio si rischia nei versanti già attanagliati dall’ombra di andare incontro alla fastidiosa crosta non portante, mentre rispettando gli orari, tendenzialmente dove la neve è ben trasformata e il sole ha appena iniziato il suo lavoro, si può sciare su una neve particolarmente piacevole e scorrevole, facile anche per i neofiti perché portante, ma non dura come può capitare in alcune situazioni invernali.

 

Crosta non portante. Fonte EAWS.

 

ESPOSIZIONE
Anche in questo caso è il Sole al centro della questione. Come ribadito più volte non ci sono versanti esclusi dal possibile distacco, e volta per volta è il bollettino ad indicarci quelli più critici (ne abbiamo parlato QUI). In generale possiamo affermare che: i versanti Sud sono maggiormente irradiati di quelli Nord, in primavera li troveremo maggiormente trasformati rispetto a quelli freddi (Nord); l’effetto negativo della lubrificazione data dalla fusione del manto nevoso è maggiormente problematico nei versanti caldi e nelle ore centrali; i versanti freddi possono nascondere criticità dell’inverno (brina di profondità, cristalli a piuma, etc.) non ancora trasformati dalla primavera. Quindi quando si dovrà scegliere la meta verificare per prima cosa il bollettino valanghe e ragionare sulle criticità, ma anche ipotizzare i pregi dei possibili itinerari in relazione a come potrebbe essere stato più o meno lavorato il manto nevoso dall’energia del sole.

 

Differenza tra versante Sud e Nord. L’azione solare determina una maggiore trasformazione del manto nevoso nei versanti sud rispetto a quelli nord. In alcuni casi, nelle ore più calde, il pericolo valanghe si fa più consistente nei versanti sud a causa della lubrificazione. Nella foto si può notare come l’app FatMap evidenzi i versanti caldi e freddi, la foto coincide con lo screenshoot dell’app e in questo caso è evidente la differenza di trasformazione.

 

QUOTA

Anche lo skialper in primavera compie nel suo piccolo una migrazione per poter sopravvivere alla sua passione. Le temperature primaverili e il maggior irraggiamento portano ad avere la neve piacevole da sciare sempre più in alto, il bosco spesso acclamato in inverno diventa solo più un luogo di passaggio per poter raggiungere le vette. Così ci ritroviamo sci a spalle, a risalire prati ancora assonnati, e le vette più alte giustamente accantonate d’inverno, rientrano così nei nostri programmi. Ovviamente dipende dalla stagione, la bella neve in quota non è mai scontata. Il vento, precipitazioni scarse o rialzi termici possono aver denudato le sommità, così di nuovo sci a spalle per gli ultimi metri di dislivello. Tutto questo ha un prezzo, che a dirla tutta per molti è anche un piacere: il dislivello di una gita primaverile è mediamente maggiore dei dislivelli invernali. Inoltre i terreni mediamente più tecnici possono far discostare anche di molto il proprio ritmo, nel caso di nuove località è bene considerarlo quando si dovrà stimare l’orario corretto della sveglia e non fare delle semplici proporzioni in base ai ritmi dell’inverno. In riferimento alla quota non si può non ricordare che se da casa al mattino il sole primaverile ci può far dimenticare qualche strato o muffola più ingombrante, dove siamo diretti si può dire che è ancora inverno, quindi quando si dovrà preparare lo zaino è bene tenerlo presente.

 

Sci alpinisti alle prese con un tratto in salita ripido. Per affrontare questo tipo di pendenze ci deve essere una buona stabilità del manto nevoso. Fonte EAWS.

 

LOCALITA’

Non per forza si deve pensare ai giganti del freddo che permettono di sciare anche in estate per azzeccare una meta primaverile. La prerogativa e che ci sia ancora sufficientemente neve lungo il percorso e di qualità, dove il vento tendenzialmente non rovini il tutto prima ancora che nasca quella neve trasformata. Si può dire che in tutti i settori alpini ci sono mete con queste caratteristiche, in qualche caso sono davvero ideali in altri meno.

SCI RIPIDO

Un tempo si parlava di questa disciplina quasi esclusivamente nel periodo primaverile, oggi quando le condizioni sono particolarmente favorevoli si iniziano ad azzardare discese anche in pieno inverno. Il focus però è sempre lo stesso: si parla di sci ripido quando si percorre un tratto sufficientemente lungo sopra i 40° di pendenza dove la tecnica di sci è fondamentale quanto quella alpinistica per chiudere l’itinerario con relativa sicurezza. Dove l’itinerario prevede tratti di ripido non ci si può improvvisare alpinisti, la preparazione sia fisica che mentale sono fondamentali per non andare incontro ad incidenti. Anche la tipologia di neve che incontreremo determina la difficoltà, non è soltanto questione di pendenze, una superficie particolarmente dura aumenta notevolmente la difficoltà tecnica di sciata e la possibilità di perdere il controllo; nello stesso tempo scendere pendii ripidi con neve fresca è più rischioso per le valanghe. Quindi, nonostante invogliati a volte da reportage estremi di discese da urlo, per affrontare discese di questo tipo non ci si può improvvisare sciatori di ripido, si finirebbe non soltanto di andare incontro ad incidenti, ma anche il divertimento sarebbe compromesso.

 

Sci alpinista intento a sciare un canale ripido (pendenza > 40°), tendenzialmente circondato da rocce nude con possibili detriti lungo il percorso, luogo predisposto all’accumulo di neve ventata. Fonte EAWS.

 

ZAINO

Come dicevo all’inizio lo scialpinismo primaverile rende giustizia all’aggettivo “alpinismo”; ecco quindi cosa non può mancare nel nostro zaino da adesso in avanti oltre alla consueta attrezzatura (vari strati, kit APS, etc.).

Casco: utile da inizio a fine stagione, ma a maggior ragione nel periodo primaverile quando il manto nevoso andando incontro a fusione può liberare massi staccatisi più a monte dalle pareti rocciose durante l’inverno e rimasti sigillati fino a quel momento. Nei tratti in prossimità di pareti rocciose il casco serve anche a questo, non solo per le possibili cadute. Accertarsi dell’omologazione per scialpinismo.

Rampant: chiamati anche coltelli, si applicano al puntale del nostro attacco per poter affrontare superfici particolarmente dure dove le pelli non riescono a fare presa.

Ramponi e picca: quando sono previste pendenze particolarmente ripide meglio munirsi dei classici ramponi e della picca per poter proseguire con maggior disinvoltura.

Imbrago: avere con sé un imbrago può essere utile oltre che a noi anche per effettuare eventuali manovre di soccorso ai compagni.

Corda iperstatica: corda adatta a manovre di soccorso, calate in corda doppia e recupero da crepaccio. Indispensabile su ghiacciaio, utile per tutte quelle gite particolarmente impegnative. Non adatta per tiri di corda.

Un’ultima considerazione sull’itinerario è rivolta alla fauna selvatica che sta uscendo dal lungo inverno spesso provata dalla scarsa reperibilità di cibo o ancora intorpidita dal letargo. Spesso proprio in primavera si scelgono mete non battute durante l’inverno e può capitare che il percorso si snodi all’interno di località molto frequentate dai selvatici proprio perché più tranquille rispetto alle mete invernali più gettonate. Se si avvistano gruppi o singoli animali selvatici tenere un comportamento rispettoso in modo da non far sprecar loro energie preziose.

Non resta che armarsi di crema solare, rampant e un po’ di sana voglia di faticare…dimenticavo, indispensabile da adesso in avanti una buona birra di fine giro che in questa stagione dei primi caldi non deve mancare!


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