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Massimo Braconi: conoscere il mondo per conoscere sé stessi

L'intervista entusiasmante a "Brac" grande appassionato di viaggi e natura

Scritto il
da Martina Tremolada

Massimo Braconi, detto Brac, è un freerider professionista, alpinista d’alta quota, telemarketer e viaggiatore. Persona entusiasta, amante di quello che fa e con un bagaglio di esperienze che abbiamo avuto il piacere di ascoltare.

Racchiudere tutte le tue attività in un solo termine è davvero difficile. Cosa le accomuna? Ce n’è una che prediligi?

Quello che accomuna queste attività è l’interesse per il viaggiare, conoscere il mondo e poi anche la curiosità di paragonare quello che si trova all’estero con l’Italia. Tutte le mie attività come l’alpinismo, i viaggi con gli sci, in bicicletta o in canoa sono legate al rimanere in contatto con la natura. Ad esempio, nello sci non mi concentro solo sull’aspetto tecnico ma più che altro sul fatto di vederli come un mezzo per viaggiare: per me anche sciare sulle piste è in qualche modo un viaggio, così come la bicicletta che dà la possibilità di viaggiare lentamente. Il tres d’union di tutte queste attività è proprio la possibilità di potersi muovere lentamente e in questa calma godersi ogni particolare.

Parliamo di “I Diari del Brac”, i tuoi video-racconti che sono diventati un punto di riferimento per chi ti segue. Di cosa si tratta esattamente e da dove è nata l’idea?

Come tante cose, “I Diari del Brac” nasce da degli incontri, dal viaggiare e dal conoscere persone. Tutto è nato dalla conoscenza con la proprietaria della casa di produzione del programma WILD prodotto da Mediaset. A lei è piaciuto quello che facevo e da lì è nata la volontà di voler raccontare dei viaggi in luoghi particolari, ossia che nessuno aveva ancora raccontato, attraverso appunto questa rubrica.

In seguito c’è stata una parentesi di un viaggio, la “COAST TO COAST – l’Italia in bicicletta”. L’idea era quella di mostrare le bellezze del nostro paese, riprendendo una tendenza degli ultimi anni ossia i viaggi in bici nel mondo Gravel. Con gli sci abbiamo un po’ anticipato i tempi, abbiamo viaggiato sugli sci quando ancora non se ne parlava. Fin da subito siamo riusciti a fare un buon lavoro anche se rallentato dalle esigenze tecniche di una produzione di contenuti del genere.

Ho avuto poi la fortuna di conoscere Paolo Aralla, il fondatore di Bapufilm, una casa di produzione specializzata nei video outdoor che lavora anche per National Geographic. Loro hanno creato l’agenzia Mountain Film Crew, formata da un gruppo di alpinisti e professionisti di cui faccio parte anch’io, che si occupa di filmare e produrre le attività estreme. L’obiettivo è quello di invitare la gente a viaggiare, nei video non c’è un protagonista ma un racconto di viaggi in cui le persone possono identificarsi e chissà, magari ispirarsi.

Hai fatto moltissimi viaggi tra cui Cina, Iran, Georgia, Giappone. Qual è lo spirito e lo scopo con cui intraprendi questi viaggi?

L’idea è di raccontare un viaggio com’è realmente e dare più informazioni possibili affinché le persone possano prendere spunto. Non ho mai voluto fare le grandi imprese che poi difficilmente sono realizzabili da tutti. Ad esempio, mi è capitato di partecipare ad una serata in cui un ospite raccontava il suo viaggio, aveva prodotto bellissimi contenuti ma per farli aveva aspettato 6 mesi per avere le condizioni giuste, una cosa impossibile per molti. Noi in quel mese abbiamo voluto raccontare giorno per giorno cosa facevamo, la realtà di 15/30 giorni di viaggio senza preoccuparsi di dover far solo belle produzioni per colpire le persone. L’obiettivo era colpire per il racconto, per quello che trasmettevamo e alla fine ci sembra di esserci riusciti perchè quando organizziamo degli eventi le persone che vengono sono soddisfatte.

L’idea è quella di partire per fare qualcosa per sé stessi, non partire per dimostrare. Facendo anche la guida mi rendo conto che le persone che partecipano hanno subito il telefonino in mano, la mia ambizione è quella di scoraggiarli in questo. Voglio far vivere loro il momento senza farsi distrarre dal telefono, all’inizio può sembrare una seccatura ma alla fine mi ringraziano anche, soprattutto considerando che nei punti più belli o panoramici siamo noi guide a fermarci 🙂

Hai qualche aneddoto positivo o negativo che hai vissuto o stai vivendo?

Quello negativo lo stiamo vivendo in questo momento a causa della situazione che c’è in Iran. Io ho sempre raccontato questo paese come qualcosa di bello da visitare, però dato il regime che c’è, abbiamo deciso di togliere il video del viaggio. Nel nostro viaggio la figura della donna ci sembrava molto più libera rispetto ad altri paesi con la stessa religione, invece si sono dimostrati tutto l’opposto. Ci dispiace tanto perché nel video abbiamo raccontato le donne sotto una luce positiva e ad oggi è la situazione è totalmente capovolta, drammatica per loro.

Di positivo invece c’è la possibilità di poter rifare dei viaggi che avevo fatto da solo prima dei Diari del Brac, 15/20 anni dopo con un gruppo di giovani alpinisti e sciatori e ritrovare questi paesi cresciuti e cambiati in senso positivo. Viaggiare con i ragazzi più giovani è bello, anche per l’interscambio generazionale che permette di prendere e dare esperienza. Non è solo il più anziano che può trasmettere esperienza, se ne trae anche dai giovani.

Non solo estero ma anche Italia, infatti fai parte del progetto AITNE un’associazione di maestri di sci e guide vulcanologiche che praticano escursioni sull’Etna…corretto?

Sì, mio cognato prima di me ha iniziato questa attività sull’Etna. Si tratta di un’agenzia che lavora un po’ su tutto il mondo, facciamo diverse attività come sci, bicicletta o camminate. La nostra missione è di far emozionare le persone su posti particolari come l’Etna, lo Stromboli in estate e inverno, Arabba e molti altri.

Collaboro anche con Arabba Holiday, un’agenzia di sci che organizza gli Ski Safari. Si tratta di un gruppo formato da 8/10 persone con cui per una settimana ci muoviamo solo con gli sci e ogni giorno dormiamo in un rifugio diverso. Ci si sposta solo sciando, questo permette di raccontare e scoprire il luogo in cui ci si trova in un’ottica tutta nuova. Per partecipare alle escursioni di Ski Safari è richiesta una base sciistica per muoversi in sicurezza, però basta un livello medio. C’è molta partecipazione da parte di turisti stranieri che vengono da tutto il mondo, mentre con gli Italiani siamo riusciti a partire da quest’anno. A volte ci spostiamo tanto per viaggiare e non siamo in grado di valorizzare il posto dove viviamo, ma noi in Italia siamo davvero fortunati ad avere tutto!

Massimo Braconi
Massimo Braconi, freerider professionista, alpinista d’alta quota, telemarketer e viaggiatore
Non solo sport e natura ma anche attività sociali. Quest’anno sei approdato alla mostra del cinema di Venezia con IL TOUR DEL DONO, dove in bici hai fatto tappa nelle diverse sedi di ADMO in Veneto. Che tipo di esperienza è stata?

Questo è stata una sorpresa, non mi aspettavo di andare alla Mostra del Cinema! Anche questo è stato innovativo, la passione ha portato all’idea di divulgare l’attività di ADMO (Associazione Donatori Midollo Osseo). Abbiamo percorso 700 km in bicicletta per il Veneto, mostrando le bellezze della ragione e collegando i vari centri trasfusionali e raccogliendo testimonianze. Nel docufilm abbiamo raccontato cosa vuol dire la donazione, tipizzazione e in generale cos’è ADMO.

Il documentario è piaciuto molto a Venezia, c’era il patrocinio della ragione e l’appoggio di diverse aziende tra cui Kayland, l’Associazione dei maestri di sci e altri che insieme hanno sponsorizzato le spese di produzione e di montaggio.

L’inverno scorso sono stato inoltre ospite allo Skipass Modena Fiere, dove verrà presentato il video e racconterò l’esperienza vissuta.

Qualche progetto futuro che vuoi anticiparci?

Ci sono anche altri progetti con la televisione, sia a livello locale che nazionale..per ora non posso dirvi altro 🙂

Hai avuto modo di provare diverse calzature Kayland. Come ti sei trovato?

Io sono molto legato alle PAMIR. Mi ricordano le scarpe di una volta, molto old style, però il fatto che siano fatte in pelle le rende comodissime, come indossare un guanto. Le uso tutti i giorni, nel mio lavoro i piedi sono particolarmente fondamentali, se hai male o sei scomodo, sei fregato! Poi in generale, fin dall’inizio ho sempre avuto un buon feeling con le calzature Kayland, sono sempre contento di venire in azienda per incontrare il team e vedere le novità che proponete.

Una piattaforma di test importante è l’Etna. Il terreno dell’Etna è molto impervio a causa dell’abrasività, del fatto che la lava è un materiale compostabile e della scomodità del terreno, per capirci, se una scarpa è progettata per durare 5 anni, qui ne dura 1. Abbiamo inoltre un parco scarpe Kayland e materiale che diamo gratuitamente ai partecipanti alle escursioni, devo dire che abbiamo sempre feedback positivi, sono interessati al prodotto e ci chiedono dove possono trovarli.

 

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