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Gravidanza e sport: cosa si può davvero fare?

Quali attività sportive sono consentite in gravidanza e quali accorgimenti bisogna avere? Scopriamolo insieme

Alice Dell'Omo Scritto il
da Alice Dell'Omo

In questo articolo parleremo di gravidanza e sport: quali attività sportive sono consentite in gravidanza, partendo dal presupposto che ogni gravidanza è a sé, così come è unica ogni donna. Per farlo metterò in questo approfondimento un po’ della mia esperienza di mamma, di sportiva e di giornalista, le competenze della Dottoressa Laura Dell’anna, specialista in Ostetricia e ginecologia dell’ospedale Santa Chiara di Trento, membro della Società Italiana di Medicina di Montagna e grandissima appassionata di montagna e le fonti a nostra disposizione.


1) Gravidanza e sport: La montagna

Cosa dice il medico sul tema gravidanza e montagna? Scopriamo cosa pensa la dottoressa Dottoressa Laura Dell’anna intervistata dalla redazione.

“La montagna, nel nostro immaginario comune, è intimamente legata alla fatica e al movimento. Per parlare di gravidanza in montagna è innanzitutto importante fare chiarezza sugli effetti dell’attività fisica sulla gestazione. Qui l’opinione della comunità scientifica è chiara: i benefici sono significativi e molteplici. L’attività fisica regolare aiuta a mantenere un regolare metabolismo glucidico, garantisce un buon tono muscolare, migliora il benessere psico-fisico della futura madre, riduce il rischio di macrosomia fetale.

Le linee guida di molti paesi prescrivono almeno 150 minuti alla settimana di attività fisica da moderata ad intensa nel corso della gravidanza.

  • Sono incinta: attività sportiva si o no?

Su Ultrasound di maggio 2019 sono stati pubblicati i risultati di un gruppo di lavoro di Madrid (M.Brik e altri del Dipartimento di Medicina fetale, della Facoltà di Scienze della salute e della Facoltà di Scienze dello Sport), che ha confrontato due gruppi di donne gravide, omogenee fra di loro per età, BMI (Body Mass Index), livello di allenamento prima della gravidanza, numero di gravidanze precedenti, etnia e fumo. Al primo gruppo veniva fornito un programma di attività fisica e all’altro nessun programma specifico. Nel gruppo di donne che eseguiva regolarmente attività fisica non vi è stato minor aumento di peso in gravidanza, ma è invece stata maggiore la perdita di peso a sei settimane dal parto, invece nei bambini è stata dimostrata una migliore performance cardiovascolare.

  • Quali sport praticare?

Se l’attività fisica in gravidanza fa sicuramente bene, ancora meglio quando viene praticata in montagna, dove l’aria è più pura ed asciutta, l’ambiente è più salubre e tranquillo e il clima in estate è più fresco. A questo si aggiungono i vantaggi di essere in mezzo alla natura e di godere di un ambiente rilassante in tutte la stagioni.

Bisognerà però valutare che tipo di attività fisica, a che epoca di gravidanza è svolta e fino a che quota la montagna è sicura per la gestante.

Nel primo trimestre e all’inizio del secondo, quando il feto è ancora accolto dentro la pelvi, possono essere praticati anche sport considerati “pericolosi”, come l’arrampicata e lo sci. Con l’avanzare della gravidanza, nel secondo e terzo trimestre, l’attività deve essere limitata ad escursioni su terreni non troppo impervi, per ridurre al massimo il rischio di cadute.

L’attività fisica può essere anche intensa fino ai 1800 metri; quando invece la gestante soggiorna a quote più elevate, è consigliabile un incremento graduale dell’esercizio fisico. Per quote superiori ai 2500 metri sono necessari invece lunghi periodi di acclimatamento a riposo.”

  • Regole base

Donne in gravidanza quindi, benvenute in montagna! Non scordatevi però:

– di bere molto, perché in montagna ci si disidrata più facilmente

– di usare una protezione solare elevata

– di vivere la montagna con “lentezza”.

Foto di lucas Favre su Unsplash

L’alta quota

“Riguardo al problema della gravidanza in alta quota bisogna distinguere tra i rischi generici che corrono tutti quelli che per divertimento o per lavoro si trovano a trascorrere del tempo e a fare attività fisica ad altitudine elevata e i rischi specifici della donna gravida.

  • Mal acuto di montagna

La patologia tipica dell’alta montagna è il Mal Acuto di Montagna caratterizzato da cefalea, estrema stanchezza, disturbi del sonno, nausea e vomito, che può però aggravarsi fino all’edema cerebrale e al coma o all’edema polmonare. L’incidenza di Mal Acuto di Montagna non è maggiore nella gravida. Ma in sua presenza la donna incinta non può assumere farmaci che favoriscono l’acclimatamento. Il principale farmaco utilizzato a questo scopo, l’acetazolamide (Diamox) è infatti sconsigliata sia nel primo trimestre, perché può essere causa di malformazioni fetali, sia nelle fasi tardive della gravidanza per il rischio di grave ittero neonatale; gli antiinfiammatori, poi, utilizzati normalmente per la cefalea d’alta quota, sono sconsigliati in gravidanza per il rischio di precoce chiusura del Dotto di Botallo, mentre i cortisonici utilizzati per il trattamento del Mal Acuto di Montagna, incrementano il rischio di malformazioni nel primo trimestre e incidono sullo stato metabolico della gravidanza.

  • Riduzione d’ossigeno

La riduzione di ossigeno a livello utero-placentare è la causa dell’aumentato rischio per le donne che soggiornano alle alte quote di alcune patologie proprie della gravidanza. Si ricorda che il feto vive in un ambiente povero di ossigeno anche a livello del mare. Il fisiologo britannico Sir Joseph Barcroft già all’inizio del secolo scorso asserì che in utero il feto vive in uno stato ipossico analogo all’ipossia ipobarica che sperimenta chi sale sul punto più alto della terra, sulla cima dell’Everest a 8848 metri. In realtà, benché siano note alcune complicanze della gravidanza derivate dall’esposizione alle alte quote, tutti gli effetti dell’ulteriore riduzione di ossigeno per la permanenza in alta montagna (sopra i 2500 metri) e per l’esercizio fisico a tali altitudini in gravidanza non sono ancora completamente chiari.

Per l’esposizione all’alta quota nel primo trimestre la ricerca ha focalizzato l’attenzione soprattutto sulla possibilità che la riduzione di ossigeno aumenti il tasso di malformazioni fetali. Una pubblicazione dell’agosto 2018 ipotizza che l’ipossia unita ad una predisposizione genetica possa aumentare il rischio di malformazioni cardiache (Olivia Moumne et al; Front Cardiovasc Med).

Un altro lavoro del gennaio 2019 (Xuesi M Shao; International Journal of Cardiology), invece afferma che l’altitudine nel primo periodo della gravidanza potrebbe determinare uno stress sul cuore fetale, tale da renderlo più sensibile agli eventi ischemici. In altre pubblicazioni viene riportato un generico aumento delle malformazioni fetali.

Foto di Denys Nevozhai su Unsplash
  • Mai oltre i 2.500 m

La donna gravida che vive a basse quote, non dovrebbe superare i 2500 m nemmeno nel secondo e terzo trimestre della gravidanza. A quote più elevate, infatti, aumenta il rischio di preeclampsia e di ridotto accrescimento del feto, situazioni che mettono a rischio la salute e la vita della donna e del bambino e che portano spesso ad una nascita prematura. Per quote superiori ai 2500 metri sono necessari lunghi periodi di acclimatamento a riposo.

Nel mondo tuttavia ci sono più di 200 milioni di persone che vivono oltre i 2500 metri e, la maggior parte di questi, in contesti rurali dove le attività giornaliere richiedono in genere un notevole sforzo fisico. Nel giugno 2019 è stato pubblicato uno studio (Beth A. Balley et al, Maternal and Child Health Journal) sull’incidenza di basso peso alla nascita nella popolazione residente del Colorado nei nati tra il 2007 e il 2016, nel quale viene riportato che vivere ad alta quota aumenta del 27% il rischio di neonati con peso inferiore ai 2500 g. Nella popolazione Sherpa/Tibetana, invece, vi è un miglior successo riproduttivo con peso alla nascita sovrapponibile agli abitanti di Kathmandu (peso medio intorno ai 3400 g), grazie soprattutto ad un incremento del flusso sanguigno nelle arterie uterine, che garantisce quindi un maggiore apporto di ossigeno alla placenta. Un’altra popolazione che condivide un contesto simile, quella Andina “nativa”, presenta simili sistemi di adattamento con bassa incidenza di preeclampsia e di basso peso alla nascita.

  • No trekking ad alta quota

Da quanto fin qui esposto si può concludere che in gravidanza ad alta quota sono sconsigliati i trekking ad alte quote per il rischio legato all’ipossia, ma non solo; bisogna anche sottolineare che questi percorsi si sviluppano, spesso, in paesi con rischi sanitari di tipo infettivo e che potrebbe essere difficile, per la distanza e per la tipologia delle strutture sanitarie, avere la garanzia di cure adeguate”.

 


3) Gravidanza e sport – La bicicletta

  • Riflessioni utili per le biker e le cicliste in dolce attesa

Iniziamo per gradi. Andare in bici, si sa, fa bene. Giova all’umore, tiene il peso sotto controllo, fa bene alla circolazione. Questi benefici sono utili certamente anche quando si è in dolce attesa. Perchè, allora, viene spesso scoraggiata la pratica di tale disciplina in gravidanza?

Innanzitutto è bene far presente che non esistono linee guida ferree a riguardo, non ci sono studi, e anche sul web, dove generalmente si trova una risposta per ogni quesito, sul tema non si cava un ragno dal buco. Il consiglio numero uno per le biker è quello di rivolgersi al proprio ginecologo, ma spesso anche così facendo non si riceve una risposta netta e soddisfacente. Perchè?

Perchè l’argomento è un po’ sconosciuto, perchè esistono mille modi per andare in bicicletta, perchè ogni futura mamma e ogni gravidanza, come dicevamo, sono diverse.

La prima cosa da fare, quando si scopre di aspettare un bambino e si è appassionate di bici, è ascoltare il proprio istinto. Ci sono donne che decidono di abbandonare vecchie abitudini, vecchie passioni e di dedicarsi ad altro, a sport più soft, più rilassanti, o semplicemente non si sentono sicure di praticare attività come la bicicletta, anche perchè piccoli malesseri, come le nausee, la sonnolenza, a volte ne ostacolano la pratica.

Foto di Coen van de Broek su Unsplash

Poi, se la gravidanza è fisiologica, non a rischio, se la mamma gode di buona salute e se il ginecologo non ha imposto il riposo, si può pensare di fare alcune considerazioni prima di decidere se appendere la bici al chiodo o di continuare a macinare chilometri.

Innanzitutto, la prima domanda da porsi è: che tipo di attività ho intenzione di praticare, su che tipo di terreno, in che ambiente? Se parliamo di fare girare le gambe in pianura, su pista ciclabile, su terreno non accidentato con biciclette agili e leggere da cavalcare e da manovrare, per pochi chilometri… si, si può continuare ad andare in bici in gravidanza.

Se si tratta di fare la stessa cosa ma in città, tra il traffico e le auto, le cose già cambiano. Sia per lo smog, sia per il rischio di cadere e di venire urtate.

Altra domanda importante da porsi è: in quale trimestre di gravidanza mi trovo? Fino a quando la pancia sta dentro al bacino è possibile senza dubbio andare in bici. Nel terzo trimestre, invece, quando il pancione diventa più grande, bisogna avere qualche accortezza in più a causa del rischio maggiorato che subisca colpi.

Un altro aspetto da valutare è l’intensità dello sforzo che si vuole fare. La pratica intensa della MTB su sentieri sconnessi, ripidi, rocciosi, fangosi è sconsigliata. Così come quella della bici da strada a velocità sostenute, in discesa, tra le auto.

E con la ebike? La bicicletta a pedalata assistita può essere un buon compromesso per poter pedalare riducendo lo sforzo, a patto di non scegliere percorsi troppo impegnativi.

Infine bisogna ben valutare la temperatura esterna, il meteo, la stagione. Ovviamente, a luglio, alle 12 del mattino è bene non uscire in bicicletta, così come se piove o ha piovuto da poco. Se le temperature sono miti, piacevoli e le condizioni ambientali tranquille… perchè no? una pedalata non può che far bene.

  • Quali sono i rischi?

I rischi sono diversi.

Vi è il rischio di caduta, magari trascinandosi dietro il peso della bicicletta, che nel caso della ebike, ad esempio, è elevato, con conseguenti problematiche per il feto e per la madre.

E’ bene ricordare che in gravidanza non si possono assumere tutte le tipologie di farmaci e in generale ogni assunzione deve essere ben ponderata. Così come può essere un problema il doversi sottoporre ad esami diagnostici come i raggi X.

Per questo, per non doversi trovare nella condizione di non potersi curare adeguatamente o di curarsi con procedure rischiose, spesso la pratica della bici in gravidanza viene scoraggiata.

In realtà, con le giuste precauzioni, seguendo il buon senso e valutando tutti gli aspetti di cui abbiamo accennato sopra (stato di salute della donna, stato della gravidanza, tipologia di bicicletta, tipologia di terreno-ambiente, stagione, meteo, intensità dello sforzo fisico) andare in bici in gravidanza si può.

Foto di Coen van de Broek su Unsplash


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