La nuova norma: cosa prevede e chi riguarda
Con l’aggiornamento legislativo recentemente approvato, l’uso del casco diventa obbligatorio per tutti gli sciatori e snowboarder, senza distinzione di età. Dopo l’obbligo per gli under 14 e, successivamente, per gli under 18, si compie così l’ultimo passo verso una copertura totale.
La scelta si colloca in una linea d’azione ormai chiara: uniformare i comportamenti, ridurre le discrezionalità, e facilitare i controlli da parte delle forze dell’ordine. L’Italia diventa così il primo Paese al mondo ad estendere l’obbligo universale.

La situazione attuale sulle piste: adulti già protetti, soprattutto gli stranieri
Va però detto che la norma interviene su una quota di utenti già minoritaria. Negli ultimi anni, complice la diffusione dei caschi moderni, dei sistemi audio-integrati e dell’influenza dei Paesi del Nord, la percentuale di adulti che sciano senza casco si è drasticamente ridotta.
Chi frequenta le piste italiane lo vede con i propri occhi:
• la maggioranza degli adulti indossa già il casco,
• la quasi totalità degli stranieri lo utilizza da tempo,
• il “vecchio zoccolo duro” degli sciatori senza protezione è ormai residuale.
La nuova norma dunque “chiude il cerchio”, ma non rivoluziona un comportamento diffuso.
Incidenti reali e dati: la testa non è la parte più traumatizzata
Una precisazione necessaria arriva dai dati raccolti da forze dell’ordine, centri di pronto intervento e compagnie assicurative:
i traumi al capo rappresentano una quota minoritaria degli infortuni in pista, sensibilmente più bassa rispetto a traumi a gambe, braccia e schiena.
Questo non diminuisce l’importanza del casco, ma contesta la percezione comune che lo identifichi come il principale presidio contro gli incidenti più gravi.
Inoltre va ricordato che:
• il casco può aumentare la percezione di sicurezza, inducendo qualcuno a superare i propri limiti;
• la convivenza tra utenti con e senza casco può creare dinamiche inattese: in caso di collisione, il casco stesso può diventare un oggetto contundente per chi non lo indossa.

Il dibattito riacceso dagli incidenti ai professionisti
La spinta definitiva verso l’approvazione della norma è arrivata da alcuni recenti incidenti avvenuti durante gli allenamenti di atleti della nazionale azzurra. Episodi gravi, molto discussi mediaticamente.
Eppure, un’analisi tecnica rivela un quadro diverso da quello percepito dal grande pubblico:
gli atleti indossavano già il casco, e le conseguenze delle cadute sono derivate da altri fattori critici, come:
• velocità elevatissime,
• dinamiche complesse di allenamento,
• problemi legati a omologazione piste o reti di protezione,
• errori o falle organizzative.
Si tratta di contesti profondamente diversi da quelli dello sciatore turistico del weekend. Eppure, come spesso accade, l’onda emotiva ha accelerato un provvedimento più “controllabile” e immediato rispetto ad altre misure strutturali.
Il casco è utile, ma non è la risposta a tutto
Per il legislatore, estendere un obbligo già conosciuto è un intervento semplice, visibile e facilmente verificabile. Diverso sarebbe proporre l’obbligo del paraschiena — oggettivamente più utile per ridurre i traumi più frequenti — ma quasi impossibile da controllare visivamente.
Il mercato è ovviamente favorevole: le aziende produttrici beneficeranno di un incremento naturale della domanda.
Ma la sicurezza sulle piste ha altri fronti, molto più urgenti.
I veri problemi in pista: affollamento e velocità
Quello che gli operatori della montagna denunciano da anni è chiaro:
1. Affollamento e overtourism
Il numero di sciatori sulle piste è cresciuto in modo esponenziale. Se perfino Madonna di Campiglio sta valutando giornate a numero chiuso, significa che la situazione è seria.
2. Velocità elevata e capacità tecnica insufficiente
Gran parte degli incidenti più gravi avviene per collisione tra sciatori. Il motivo?
• piste perfette come biliardi,
• sci sempre più performanti,
• scarsa tecnica,
• scarsa capacità di valutazione del pericolo.
E nessun casco, nemmeno quello più certificato, è in grado di proteggere realmente da un impatto a 40–50 km/h tra due sciatori.

Scegliere il casco giusto: non sono tutti uguali
Non basta averne uno qualsiasi. La normativa UNI EN 1077 certifica i caschi da sci, ma all’interno della stessa certificazione esistono livelli di qualità molto differenti.
Problemi frequenti:
• caschi troppo vecchi (la durata reale è 3–5 anni, se non hanno subito urti),
• imbottiture usurate,
• materiali degradati dal freddo,
• caschi economici molto meno protettivi, seppur tecnicamente “a norma”.
E, soprattutto: nessuno controllerà mai davvero lo stato del casco.
Questo solleva un interrogativo: quanto inciderà davvero l’obbligo sulla sicurezza reale?

Cosa aspettarsi sulle piste: primi giorni complicati
Dal giorno dell’entrata in vigore assisteremo a:
• sciatori sorpresi senza casco,
• discussioni con la polizia o i carabinieri sciatori,
• noleggi presi d’assalto,
• famiglie arrivate “alla buona” costrette a tornare indietro.
È normale: come per ogni obbligo nuovo, serviranno settimane per abituarsi.
Conclusione: il casco è giusto, ma non dimentichiamo la vera educazione alla montagna
Il casco è un’ottima abitudine, e personalmente sono favorevole alla sua diffusione totale.
Ma non possiamo confondere il simbolo con la sostanza.
La sicurezza in pista non si costruisce con un oggetto, ma con:
• educazione,
• rispetto,
• consapevolezza,
• buona tecnica,
• gestione dei flussi,
• prevenzione vera.
Ricordiamoci che sci e snowboard sono prima di tutto gioia, neve, movimento e natura.
E che portare in quota le cattive abitudini cittadine è il modo più sbagliato per viverli.


