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Lunedì di Coppa – A Levi, Shiffrin inarrivabile, Braathen al top, Colturi è realtà. L’Italia? Un’eco lontana.

Un weekend che conferma distacchi tecnici evidenti: chi detta legge, chi cresce e chi resta indietro in due slalom che non perdonano e mettono a nudo sistemi e preparazioni.

Alfredo Tradati, SS25 Scritto il
da Alfredo Tradati

Emilia Mondinelli (unica azzurra in classifica a Levi. Photo: Marco Trovati/Pentaphoto
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La Levi Black è un tracciato che non tradisce: scorrevole, leggibile, per nulla ingannevole. È una pista che non regala sorprese ma chiede una cosa molto semplice: saper sciare davvero. Non è la gara che risolve con un colpo di genio o un rischio estremo; è la gara che seleziona chi possiede sensibilità, applicazione, timing. Neve compatta, fondo duro ma non ghiaccio vivo: condizioni perfette per mettere a nudo la qualità.

E questo weekend a Levi la qualità si è vista eccome — solo che non l’abbiamo vista in casa nostra.


Mikaela Shiffrin, nona renna sulla Levi Black.
Mikaela Shiffrin, nona renna sulla Levi Black. Ph. Pentaphoto.

Shiffrin: la nona renna e un dominio che non scricchiola

La gara femminile di sabato era attesa soprattutto per lei. Mikaela Shiffrin, regina incontrastata della Levi Black, già proprietaria di otto renne e di un curriculum che fa sembrare tutto inevitabile. Bene, è stata inevitabile anche questa volta.

Prima manche: miglior tempo.
Seconda manche: miglior tempo.
Classifica finale: un’altra gara senza storia.

Shiffrin ha mostrato qualcosa che va oltre la semplice superiorità: ha sciato pulita, scorrevole, senza mai dare l’impressione di forzare. Non un appoggio impreciso, non una micro-correzione fuori asse. Un equilibrio totale tra tecnica, intuizione e quella capacità di adattamento istantaneo che solo i fuoriclasse assoluti possiedono.

Gli aggettivi li abbiamo già usati tutti negli ultimi dieci anni, e sembrano sempre insufficienti. Qui si è rivista la Shiffrin più “inevitabile”: quella che decide chi arriva seconda.


Lara Colturi (Alb) a Killington 2023. photo Alessandro Trovati/ Pentaphoto
Lara Colturi (Alb) a Killington 2023. photo Alessandro Trovati/ Pentaphoto

Colturi: talento puro, coraggio vero

E al secondo posto c’è un nome che, volenti o nolenti, sta riscrivendo la mappa dello sci mondiale: Lara Colturi.

La “albanese” di Cesana Torinese – permettetemi l’ironia, ma è parte del racconto – è ormai una certezza. Seconda già dopo la prima manche, terzo tempo nella seconda, gestione matura, zero timori, zero complessi.

La cosa che colpisce?
Non è una Shiffrin in miniatura, ma la studia, la osserva e ne replica l’intenzione, aggiungendo un pizzico di estro personale. Non una copia, ma una giovane atleta intelligente, con un senso del gesto tecnico fuori dal comune.

Colturi non è una promessa: è già da podio stabile, e le aspettative olimpiche sono, senza girarci intorno, altissime e chissà se in casa FISI si avverte qualche rammarico…


Aicher: il podio della concretezza

Terza una Emma Aicher sorprendente, al primo podio in carriera. Lineare, fluida, in pieno controllo. Il segnale è chiaro: la Germania sta lavorando bene, molto meglio di quanto faccia intuire la narrativa degli ultimi anni.


Capitolo Italia: più Coppa Europa che Coppa del Mondo

Qui l’ottimismo non basta.
Non è cattiveria, è semplice realtà.

Nessuna italiana qualificata, tranne Emilia Mondinelli con un numero da lotteria (51) e un meritevolissimo 27° posto. Brava lei, certo. Ma come segnale di squadra è praticamente un silenzio.

Pazzaglia, Valleriani, Della Mea, Sola, Belfrond: tutte non qualificate. Giorgia Collomb out nella prima.

Il divario tecnico è enorme, evidente, strutturale. E non si sta riducendo.

La domanda non è “perché non arriviamo?”.
La domanda è: “che cosa è stato fatto in quattro anni per arrivarci?”.

Oggi nessuno sembra avere una risposta. Federazione compresa.


Lucas Braathen (non ancora Pinheiro) a Wengen 2021. photo Luciano Bisi /Pentaphoto
Lucas Braathen (non ancora Pinheiro) a Wengen 2021. photo Luciano Bisi /Pentaphoto

Braathen: rinascita carioca-norvegese

Passiamo agli uomini, dove almeno c’è una storia meravigliosa da raccontare:
la prima vittoria di Lucas Braathen, brasiliano di passaporto, norvegese di tecnica e carisma, nella sua seconda vita da “Pinheiro”.

Il Brasile diventa la 25ª nazione vincitrice di una gara di Coppa del Mondo. A breve, con Colturi, l’Albania potrebbe essere la 26ª (teniamolo in archivio).

Braathen ha sciato due manche perfette: ritmo, sensibilità, zero sprechi, zero isterie, un equilibrio tattico pazzesco. Il messaggio per gli avversari è forte:
«Il periodo di riadattamento è finito. Ora punto dritto alla Coppa di specialità e alle Olimpiadi.»


Eduard Hallberg, promessa finlandese. PH. Fischer Ski
Eduard Hallberg, promessa finlandese. PH. Fischer Ski

Noël e Hallberg: uno conferma, l’altro esplode

Clément Noël, secondo, ha pagato tanto nella prima e si è difeso nella seconda. Non è ancora quello dominante dei giorni migliori, ma è sulla linea giusta.

La sorpresa più bella è Eduard Hallberg, il finlandese cresciuto lontano dai riflettori.
Una seconda manche da veterano, davanti al suo pubblico, senza tremare. È uno di quelli che “escono dal nulla”, ma in realtà non escono affatto dal nulla: sono il prodotto di sistemi che funzionano.


Italia uomini: sempre la stessa storia

Un solo qualificato: Tobias Kastlunger, 23° e autore di un’ottima seconda manche (terzo tempo). Bravo, sì. Ma non basta.

Per il resto, il vuoto.

Vinatzer esce male, seduto sugli sci nella parte centrale, irriconoscibile.
Tommaso Sala merita il beneficio del rientro post infortunio: è giusto concedergli tempo.

Il problema è un altro: dove sono le nuove leve?
Dove sono quei giovani che altrove sbucano, sorprendono, insidiano, vincono?

La sensazione – che non è solo sensazione – è che stiamo lavorando per formare atleti da Coppa Europa, non da Coppa del Mondo. E mentre noi invochiamo pazienza, gli altri fanno risultati.


Tobias Kastlunger in azione a Levi. Photo: Marco Trovati/Pentaphoto
Tobias Kastlunger in azione a Levi. Photo: Marco Trovati/Pentaphoto

Un sistema che non cambia

La domanda finale è inevitabile:
il problema è degli atleti o del sistema?

Perché se altrove emergono talenti con continuità, forse non è solo questione di genetica.
Forse servono idee nuove, tecnici nuovi, metodi nuovi.
E forse, ogni tanto, serve anche ammettere che una preparazione non ha funzionato.

MI-CO 26 si avvicina, e non basteranno le “vecchie glorie” (Goggia e Paris) a coprirci le spalle. Le Olimpiadi premiano gli istanti, certo, ma non si possono costruire programmi federali sugli istanti.


Verso Gurgl: sette giorni per un segnale

Alla prossima tappa, Gurgl, servirà almeno un lampo: da Vinatzer, da Della Mea, da chiunque.
Un segno che questa squadra non è rassegnata alla mediocrità.

Dicono che i problemi siano mentali.
Benissimo, allora troviamo i mental coach giusti: quelli che fanno emergere Hallberg in casa e Braathen dopo un anno sabbatico e una stagione di assestamento.

Perché quelli che abbiamo ora — lo dico senza giri di parole — non stanno funzionando.

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